Mercoledì 6
maggio era arrivato, il 18° compleanno di Alice!, ed è andato tutto bene
nonostante fossi più terrorizzato io di lei, per ansia di prestazione. A fine pranzo
è stata la sua prima volta di gelato di erba (beninteso in dose omeopatica, e bravo ancora peggio diranno gli omeopati), riservando i suoi
primi alcolici ai festeggiamenti con Aurora stasera, e conformandoci così alla
solita storiella per cui le droghe leggere condurrebbero a quelle pesanti. Oggi
pomeriggio dal televisore vogliamo solo l’audio dei canali radio musicali. Con
sei ore a disposizione non le avrei lesinato preliminari, c’era tempo per farle
assaggiare un po’ di tutto in ogni dove prima di arrivare al dunque. Ma già in
meno di un’ora avvenne il fattaccio, che possiamo quindi collocare attorno alle
16, e lì scatta una mia collaudata procedura, sulla quale sorvolo perché sono un gentiluomo come si evince dal mio stile di scrittura, per fare in modo di sentirsi dire “la seconda volta è stato ancora più
bello”. Molto bene, significa che cominci
a prenderci gusto ancor più del previsto. A me non piace sverginare: può
provocare dolore anche al pene e lo lascia insozzato come con le
mestruazioni. E non mi si dica di usare il preservativo (ok però con le
mestruazioni) perché significa non capire un pene dell’importanza per lei della sua prima volta, delle sensazioni che si aspetta
le rimangano scolpite nella memoria, e se la si ama ci sono altri modi di cautelarsi piuttosto di sverginarla Pirelli. Una volta fui
tentato dall’usare le dita, ma temetti la figuraccia di sentirmi dire qualcosa del
tipo “ah vabbè, se sapevo che si fa così, le dita ce le avevo già anch'io”.
- La seconda
volta è stato ancora più bello
- Vèstiti Young
Lady, dobbiamo andare
- Ma non ci
sarebbe un altro buchetto da sistemare?
- Cooosa?!? Ti
ho appena sistemata davanti e vuoi già servito anche il... lì... il... lì...???
- E non
indicarlo, cafone. È raro che tu non trovi le parole, eppure per quel posticino
lì ti ho sentito tante volte declamare
numerosi sinonimi in più lingue
- Vedi Young
Lady, se cominci subito anche dietro, in poco tempo diventi come la Bastòn. È questo che vuoi?
E se intendi mantenere questo ritmo, la prossima settimana saremo già al
pissing e per la fine del mese avrò esaurito trent’anni di archivio e
repertorio della pornografia più estrema. Cosa faremo dopo? Torneremo a
guardare la TV ?
Le sagge parole
di un padre. Per quel che restava della storica giornata l’avrei chiamata young
lady in memoria della sua defunta verginità. Era diventata una Young Lady
maiuscola, e sbrodolava al sentirselo ripetere. Aveva sbrodolato tantissimo, il
divano era da buttare, anzi urgentemente far sparire prima di sera. In questi
casi il sindacato dei curatori di guide turistiche offre una copertura
assicurativa per l’intervento di una squadra convenzionata di ex agenti della
Cia per rimuovere ogni tipo di mobilio, o anche di cadavere all’occorrenza. Li
chiamai intanto che si vestì anche lei, velocissima in bagno (una da sposare) e
uscimmo per andare da me. Avevo calcolato l’ora migliore per trovare nel vicolo
sotto casa la maggiore quantità possibile di Barbòn, Bastòn, Bidòn, Citròn e
Pescadòr, per fare ad Alice un regalo di compleanno ancora più bello se
possibile. Per sette mesi ci eravamo totalmente astenuti da qualunque contatto
fisico in pubblico. Dopo la sera della rissa tutti sospettavano ma non avevano
prove: questo mio puntuale andare tutti i pomeriggi dalle Tonòn de’ Granzottòn,
non si capiva bene quale mi trombassi delle due.
Per Alice non
fu facile a scuola: dovette raffreddare i rapporti con Imeldo per esporsi il
meno possibile a trabocchetti, soprattutto non voleva essere smascherata col
prof d’inglese. Ma quel che le pesava di più della
clandestinità era il non sapere se io sarei stato o meno fiero di lei in una
relazione pubblica, se magari l’avessi in realtà ritenuta inadeguata, se nel
contesto sociale me ne sarei addirittura vergognato come immatura. Tutt’altro,
ovviamente: l’immaturo sono io e l’idea di fare il giro dei bar di Bocca di
Strada esibendo una diciottenne fatta così è un’idea che mi allunga la vita di
vent’anni e dall'invidia la accorcia di dieci agli altri avventori. Era solo una sua piccola
adorabile insicurezza che le stavo per frantumare definitivamente.
E poi c’è
naturale la pulsione a dichiarare al mondo intero quanto si è felici
innamorati, che condivido giacché non a tutti passa con l’età. Cionostante
avrei preferito continuare nel regime di clandestinità per proteggere lei dalla
perfidia delle serpi. Ma è prevalsa la sua legittima aspirazione a dignità di
mia compagna ufficiale a tutti gli effetti, vaporizzatosi il problema legale
dell’età, ed è giusto così: significa riconoscimento del fatto che ti amo
veramente, e adesso meriti niente di meno che vedertelo dichiarare davanti all’universo.
Mi appresto pertanto a baciarla in pubblico, quel che si dice un pubblico
selezionato, ma lei ancora non lo sa. Allora appoggio il culo al muretto di
recinzione, con lei davanti a me distanziata di soli 12 centrimetri, e nello
stesso momento in cui la guardo nei fanali le appoggio delicatamente le mani ai
lati del baricentro.
Quattro indegne
compari su 5 (la Bastòn
è di nuovo in ospedale per un altro incidente analogo) rimangono paralizzate e
ammutolite da quell’inaudito contatto fisico assai più che amichevole tra un
adulto e un’adolescente. A parte il fatto che è normale sia inaudito (mica fa
rumore se uno ti mette le mani sui fianchi), nessuna di loro in vita sua aveva
mai udito quel che stava per vedere. Guardandoci negli occhi ininterrottamente
per due minuti esatti durante i quali ci comunchiamo l’universo e lei
intuisce emozionata cosa sta per accadere, impercettibilmente la avvicino a me
di un millimetro al secondo, totale 12 cm , contatto, esplosione bacio hollywoodiano,
durata 28 minuti. I cinesi di TeleBarbòn l’hanno venduto alla Cbs per farci
l’episodio pilota di una nuova sit-com intitolata Bocche di Strada.
Accantonato il
problema del velenoso quintetto (alla Bastòn in geriatria è arrivato il video
sul telefonino ma era già paralizzata e ammutolita per conto suo dal solito pomello
del manico), restava l’altro più grosso problema di
trovare un nuovo assetto al piccolo universo emotivo di noi tre. Poiché Alice aveva ragione anche su questo, sul dover provare disagio per il fatto che io
avessi rapporti sessuali con mammapapà Aurora, anche se per il resto del mondo
questi sarebbero rimasti riservati. Una delicata questione diplomatica, come spesso
accade nei rapporti di coppia, figuriamoci in tre di cui due consanguinee in
una specie di incesto by proxy. Questione diplomatica che mi da modo di introdurre
il Trattato frutto della mia pluridecennale esperienza politica intercontinentale.
Trattato di Pace dei Tonòn de’ Granzottòn
Questo Trattato
rassicurava Aurora che le nostre sessioni sarebbero continuate nonostante l’inevitabile
ingresso in scena di Alice, e che il di costei prevedibile entusiasmo per il
nuovo giocattolo non mi avrebbe spolpato all'impotenza (un vantaggio sleale nelle battaglie di cazzi). Da parte sua
l'assennata giovinetta capì che per una corretta educazione sessuale era meglio
contenersi, per metabolizzare l'esperienza, col bello però di farlo sempre
diverso. Notare che io nella situazione precedente con la sola Aurora godevo di
9 eiaculazioni alla settimana, mentre con l'introduzione del Trattato e di
Alice nel sistema scenderò a sei, ma mi accontento, ci guadagno in varietà.
Con questa
trovata del Trattato diplomatico sono stato un mago: nel nostro microcosmo si è
prodotta una tale bucolica cascata di entente cordiale che Alice mi ha
proposto di sposarla e già progetta dei bambini, con la benedizione di Aurora. Insomma, con questa trovata del Trattato diplomatico sono
stato veramente un mago: mi sono cacciato nella merda fino al collo. Per mantenere la famiglia (la nonnanonno ha deciso che avremo gemelli da battezzare Mary
Concetta e Roberto) vivremo tutti del compenso per le mie prestazioni alla Tonòn de’ Granzottòn
carri funebri & limousine Srl, dal quale mi saranno trattenute in
anticipo tutte le spese, in eccedenza delle quali lavorerò
gratis gli equivalenti straordinari. Nulla da eccepire: è il trattamento contrattuale
standard delle piccole imprese nel produttivo Nordest.
Però tutto
questo mi mette a disagio: non so se mi va di trascorrere il resto della vita
lavorando 12 ore al giorno, nel poco tempo libero circondato da marmocchi
scalpitanti ai giardini pubblici nel chiasso infernale dei dannati rasaerba,
con una moglie afflosciata dalle gravidanze e una suocera inacidita dall’andromenopausa.
L'alternativa consisterebbe nel trombare Penny quando mi pare, senza calendario. Infatti da quando si è stabilita nel vicolo la
nuova vicina abusa di me tutte le notti come di un vibratore. Tutto
cominciò quella sera che mi invitò a cena, mi presentai con una buona bottiglia
e mi trovai davanti un giovanotto già seduto a tavola.
– Avevi detto
di essere single – protestai brutalmente
Penny – Non ti preoccupare, Lorenzo è gay. Digli tutto, ’Renzo
’Renzo – I miei
devono credere che io sia etero, perciò vivo con Penny che mi copre come finta
fidanzata. I vicini non lo devono sapere, ok?
– Figurati ’Renzo,
se c’è da prendere per il culo i vicini conta sempre su di me. Ma se a tal fine
facessimo invece il contrario?
’Renzo – C’est a dir?
– Facciamo
credere ai vicini che noi due siamo gay e stiamo insieme ma clandestinamente con
la copertura di Penny, finché si diffonderà il pettegolezzo e i tuoi lo
verranno a sapere, così vi chiarite sulla tua sessualità e loro per salvare la
faccia saranno costretti a rovesciare la frittata per passare al contrattacco
’Renzo ripetitivo – Vale a dire?
– Rispondendo alle
allusioni maliziose dei vicini di averlo sempre saputo e di essere indignati
dalle loro mentalità preistorica e morbosità clericale. I tuoi genitori
non hanno scelta: trasformarsi in liberali, almeno a parole, per orgoglio di
famiglia e per negare soddisfazione a chi li credeva altrettanto ottusi, come in effetti erano prima ma ora sono forzati dalla situazione per salvare la faccia
’Renzo – Interessante. Ma in pratica come si fa?
– Mostrandoci in
pubblico spesso insieme, senza effusioni ma con
aria di complicità
’Renzo – Ok, mi
piace. Ma per curiosità tu cosa ci guadagni dallo spendere tempo con me
fingendoti gay?
Penny guardandosi la strabordante scollatura – Ah-ehm...
’Renzo – Ah!, ho capito. Perfetto per tutti allora! ‘Nanotte.
E messo a nanna
’Renzo siamo andati a letto anche noi. Cosa ci guadagnavo con ’Renzo era ben
altro: l’alibi che io fossi gay e quindi distogliere l’attenzione di Barbòn
& Co dai miei rapporti con le Tonòn de’ Granzottòn. Alice non sarebbe
stata contenta di Penny, meglio non dirglielo, rovinerebbe il suo entusiasmo
per il matrimonio. Invece sì, devo trovare il modo di dirglielo
prima che lo scopra comunque e sarebbe peggio. Fortunatamente i trattati di
pace sono fatti per essere disfatti e rifatti, come insegna ogni buon trattato
di pace. Ho pertanto emendato il testo e sottoposto alle interessate una
proposta di Secondo Trattato di Pace in sostituzione del precedente. Ecco
dunque, frutto della mia pluridecennale esperienza politica intercontinentale:
II Trattato di Pace dei Tonòn de’ Granzottòn
Per Aurora non
cambiava quasi niente e non sollevò obiezioni. Alice era indignata dalla
novità rappresentata da Penny, ma la convinsi upgradandola a quattro volte alla
settimana, l'ammaliavo rapita (lei, ma anch'io dal suo rossetto fiammeggiante e
lunga chioma corvina). Chi la prese male fu Penny, che si sentì trattata da
ultima arrivata, qual'era in effetti. Le spiegai che da new entry appena
promossa poteva ambire a posizioni migliori nella prossima stagione, insomma
giocai sulla sua vocazione competitiva. Da parte mia tornavo a un totale di 9
alla settimana, un piccolo sacrificio che avrei affrontato volentieri. Tutto
ok, dunque? Col piffero, perché nel frattempo si era sviluppato un altro fatto
pazzesco, per spiegare il quale bisogna tornare qualche mese indietro.
La prima volta che notai Stella
non fu quel che si dice amore a prima vista. Passava velocemente sotto i
portici davanti alla panca dove sostavo seduto con le gambe incrociate al modo
indiano, come è mia deprecata abitudine di sovversivo, leggendo un romanzo il
nome della cui protagonista è appunto Stella, pertanto tale la battezzai nel
mio schedario mentale.
Erano le 8.40 di un mattino di
metà febbraio, l’ora in cui sostavo abitualmente alla stazione di interscambio,
e lei si affrettava presumibilmente verso il suo luogo di lavoro. Certo è che,
per quanto molto giovane, non aveva l’abbigliamento di una studentessa. La
seconda volta che la vidi fu il giorno dopo alla stessa ora, stesso luogo. Sostò
brevemente per fumare sulla stessa panca dov’ero seduto io. Si tratta di una
grossa panca di legno, lunga circa una ventina di metri, in un centro
commerciale semi-aperto tipo quelli in voga in Germania negli anni ’80, per cui
i singoli negozi si affacciano su un’area aperta, quindi parzialmente esposti
alle intemperie, e tuttavia altrettanto parzialmente riparati dalle stesse. È
il caso emblematico di questa lunga panca di legno, che sta grosso modo a metà
sotto una tettoia metallica e per l’altra metà è scoperta, più vulnerabile a
pioggia e neve ma più godibile nelle belle giornate di sole. Anche a Bocca di
Strada capita talvolta che piova sulla metà marenese e splenda il sole su
quella santalucese, o viceversa.
In questo romanzo che sto leggendo la protagonista Stella s’innamora e
diviene vittima di un pazzo evaso da un manicomio criminale britannico nel
quale era detenuto per uxoricidio. La vedo: è lei!, è lei la mia Stella, è lei
che farò innamorare di me e poi ucciderò. Si siede sulla panca a sei o sette
metri di distanza. Si dispone sotto il sole per goderne il tepore, visibilmente
con sollievo, e accende una sigaretta di marca inusuale, cosa che fu una delle
prime impressioni della mia coda dell’occhio. Dettagli apparentemente marginali
che colpiscono l’attenzione di una mente malata. Però la cosa che mi colpì di
più, o per prima, più della sua bellezza fu l’eleganza. Vestiva davvero bene e
senza volgari ostentazioni, ed era comunque un gran
bel pezzo di figa. Bionda naturale, alta all’incirca un pollice meno, non l’avevo ancora mai vista quando siamo in piedi entrambi. A parte il viso non so come
sia fatta di preciso. Siamo d’inverno e il cappotto ne copre le forme, ma una
cosa è certa: le gambe sono notevoli.
Stella – qualunque fosse il
suo vero nome lei per me era Stella -, mi intrigava sempre di più. Per un paio
di notti non pensai ad altro. Ero infatuato di una sconosciuta della quale
sapevo pochissimo. Per farla breve il terzo giorno non resisto più e attacco
bottone, facciamo amicizia (è praticante commercialista in uno studio del
centro), facciamo l’amore, e a questo punto era previsto di ucciderla, ma come
si fa? Francamente non me la sono sentita. Il giorno dopo mi sarei sfogato con
un altro omicidio e lei avrei scelto di non rivedere mai più, lasciandola forse
delusa ma viva.
Questo fino a quando sabato
scorso, tre mesi dopo, ci siamo rivisti per caso ed è subito riesplosa la
passione. Alice non ne sarebbe
contenta, meglio non dirglielo, rovinerebbe il suo entusiasmo per il matrimonio. Invece sì, devo trovare il modo di dirglielo prima che lo scopra
comunque e sarebbe peggio. Fortunatamente i trattati di pace sono fatti per
essere disfatti e rifatti. Ecco dunque, frutto della mia pluridecennale
esperienza politica intercontinentale:
III Trattato di Pace dei Tonòn de’ Granzottòn
Il
che fa un totale di 16 a
settimana, pericolosamente a -5 dal limite massimo per cui sono stato
progettato. Per spiegare l’inserimento di una Orietta nel Trattato bisogna rimandare il lettore al capitolo del venerdì, mentre per
concludere questo mercoledì campale ecco che rientra a casa Aurora.
– Oh! Che fine ha fatto il mio bel divano?
– Buonasera tesoro. È a fare il tagliando
– Uh? E da quando in qua i divani fanno il tagliando?
– È previsto nella garanzia, non hai sentito la Ferilli ? Revisione annuale
gratuita. Il divano ha parti meccaniche al suo interno
– E lo portano via? Non lo potevano controllare qui
sul posto?
– Perciò ha le rotelle retrattili. È progettato per
questo
– Mi stai dicendo che hanno progettato un divano in
funzione di fargli il tagliando?
– Customer care. Un Martini dry con oliva succulenta?
Aurora accetta l’aperitivo che le porgo, con l’aria sospettosa
di chi se lo beve, il Martini, ma non le panzane inverosimili, per cui mi sonda
maliziosa:
– Suppongo pertanto che ci daranno un divano di
cortesia, nell’attesa si completi il tagliando…
Din don, suona il campanello giusto in tempo per
salvarmi. Sono gli ex colleghi della Cia con in rima un divano di cortesia.
– Buonasera signora, siamo qui col divano di cortesia
intanto che facciamo il tagliando al suo. Dove glielo mettiamo?