Martedì. Le popolazioni locali

TeleBarbòn è l’emittente locale di Bocca di Strada. Trasmette in diretta due volte al giorno in concomitanza con le passeggiate mattutina e serale del barboncino della signora Barbòn, che la trascina al guinzaglio ingobbita sulle gambe storte per portarla a fare i bisognini nei giardini pubblici. I cinesi che abitano in un condominio un cui lato volge sui giardini orientano le loro parabole satellitari – sofisticati congegni con microfoni direzionali e teleobiettivi a infrarossi –, sull’usuale percorso di cane e padrona al seguito per captarne le conversazioni. Un potente server traduce in simultanea dal veneto in mandarino lo scambio di pettegolezzi della signora Barbòn quando lei e il cagnolino incontrano esemplari di specie analoghe, e via cavo diffonde l’audiovideo al centinaio di cinesi che prevalgono su albanesi, romeni e marocchini nel piccolo complesso di edifici residenziali. In pratica, se la signora Barbòn incontra ai giardini la signora Bastòn e le confida un pettegolezzo, tutti i cinesi del quartiere lo vengono a sapere ancora prima che la rubrica della signora Bastòn lo sappia da lei via SMS.

Nello stesso edificio di Barbòn e Bastòn risiede anche la signora Citròn, vedova omicida del marito e amica di entrambe, i cui mariti sono ancora vivi ma lamentano acciacchi anche psichici. Questo è il trio di spettegolatrici “esterne”, due secoli in tre. Citròn in particolare ha tutte le finestre orientate sul mio balcone, oltre il vicolo che porta ai giardini, ma lei sta al primo piano e io al secondo: avvantaggiato da tre metri di elevazione, posso spiarla dai fori di scolo dell’acqua piovana del balcone, tanto che ho documentato le cruente sedute sado-maso che l’aguzzina infliggeva al marito buonanima. I miei rapporti con il trio BBC, inconsapevoli inviate speciali di TeleBarbòn, sono improntati all'insulto gratuito e unilaterale da parte mia, possibilmente in presenza di altre persone quando le incrocio ai giardini.

- Signora Bastòn, suo marito ce la farà, è un uomo forte: io con una moglie così mi sarei tolto la vita cinquant’anni fa, il giorno prima del matrimonio

- Signora Barbòn, notavo nel vederla avvicinarsi come lei abbia le gambe a parentesi graffe con dentro le parentesi quadre con dentro le tonde con dentro l’asterisco di richiamo ai piedi piatti (indicandoglieli)

- Signora Citròn, mi sorprende! Mi passa davanti alla panchina senza attaccare bottone per sapere i fatti miei? La vedo invecchiare male. E ha visto invece quanto è giovane la mia nuova vicina di casa?

Infatti stamattina stavo fischiettando tranquillo verso un bar per fare colazione, seguito a otto metri dalla fidata Pantegatta guardia del corpo. Si chiama così per l’ironia di essere una gatta colore di un topo. Per quanto anzianotta, mi segue ovunque nei giardini pubblici, otto metri dietro, distanza che le serve per prendere la rincorsa e saltare alla gola dei male intenzionati nei miei confronti, giacché io sono quello che la nutre su una poltrona vicino al termosifone nelle notti d'inverno. Seguito a otto metri dalla Pantegatta, a metà strada incrocio la nuova vicina di casa che sta traslocando in un condominio accanto. Rimango di sasso: una figona della madonna! Cosa ci fa qui a Bocca di Strada invece di stare dentro a un televisore?, mi verrebbe spontaneo chiederle, ma invece mi esce di bocca:

- Buongiorno signora, benvenuta nel quartiere, se vuole le do una mano col trasloco, e venga a farmi visita con la sua famiglia...

Un modo talmente stucchevole di indagare sul suo stato civile da disgustare la Pantegatta, che si allontana in giardino per fare la cacca sulla tana del Riccio. Ma sorvoliamo sui complicati rapporti tra Pantegatta e Porcospini, per tacer di Rospi e Pipistrelli.

- Sono single – risponde Penny – Vieni tu da me a cena stasera, così mi racconti tutto dei vicini! Ti aspetto alle nove. Vegetariano?

Incredibile, una pettegola dalla mia parte, giovane e bella, sbucata improvvisamente dal nulla. Per descriverla fisicamente si fa presto: somiglia proprio a Penny di The Big Bang Theory. Perciò io già m’immagino nei panni di Leonard Hofstadter, quello che a corrente alternata ci va a letto insieme, ma Dolores Bidòn (che conosceremo dopo) ha sempre sostenuto che io casomai sarei Sheldon Cooper, la qual cosa è incongrua: Sheldon è molto più alto, molto più intelligente e molto più irritante. Ha zero vita sessuale e se dovesse averla in futuro sarebbe con Amy Farrah Fowler. No, grazie. Tra l’altro io sono basso come Leonard e porto gli occhiali come i suoi, anche se di mestiere invece del fisico sperimentale faccio le guide turistiche. A questo punto che mi sono lanciato in un excursus televisivo, per concludere preciso che se invece fossimo in Friends io sarei Chandler Bing che si fa Monica Geller, in How I Met Your Mother Barney Stinson che si fa Robin Scherbatsky, e così via. Spenta la TV, torniamo alle vicine di casa casa pre-esistenti.

Oltre alle tre “esterne”, godo di due spettegolatrici interne al mio piccolo condominio, dove si annidano Dolores Bidòn (che come detto conosceremo più avanti), e la famiglia Pescadòr allargata, che occupa il pianterreno. È costituita dai coniugi Annunziata e Romino, cinquantenni, i figli adolescenti Imeldo e Romeldo, il loro Gatto Muccapezzato, e mio padre Ugo. Infatti mio padre ottantenne da quando è andato in pensione non aveva più niente di meglio da fare che provare a irritarmi in ogni modo possibile, finché c’è riuscito e l’ho fatto rotolare giù dalle scale per due piani fino alla porta dei Pescadòr, i quali impietositi l’hanno adottato con riprovazione nei miei confronti. Ma veniamo all’attualità.

L’altro ieri mattina presto, prima domenica di metà giugno dopo il termine dell’anno scolastico, si è inaugurata per la famiglia Pescadòr la stagione delle gite al mare. Col crescere dei ragazzi il rito domenicale estivo sta assumendo le tinte drammatiche del conflitto generazionale. Per quanto il capofamiglia quest’anno si sia illuso di poterlo evitare acquistando un’automobile più capiente e riducendo così la faccenda a una mera questione di statura fisica dei lunghi figlioli promesse del volley locale, il vero problema è che i due sventurati non ne possono più dei genitori tra le palle, e al mare ci andrebbero molto volentieri, sì, ma per conto loro in corriera per alterarsi in discoteca e trombare sulla spiaggia fino all’alba per poi svegliarsi a mezzogiorno, e non alle 6 del mattino come per tutto l’anno scolastico appena concluso, shit!

Si profilava una tragicommedia che non volevo perdermi. Ho pertanto messo la sveglia alle 6 del mattino, proprio come il capofamiglia del pianterreno (sua moglie alle 5 per la funzione religiosa delle 6 prima della partenza prevista alle 7), e già nell’uscire dal portone un quarto d’ora dopo ho udito il diverbio tra l’inflessibile genitore partenzista e i due derelitti supplicanti di poter tornare a dormire e sognare, vanamente facendogli notare come tutti i canali tv fossero concordi nel prevedere per tutto il giorno pioggia incessante su tutto il nord Italia non un metro quadrato escluso, tanto che gli stessi canali di Cologno Monzese, 150 miglia a ovest già da ore sotto l’imponente perturbazione atlantica, erano pieni d’acqua che tracimava dagli altoparlanti del televisore sul tappeto del salotto, e a riprova bastava guardare fuori dalla finestra accumularsi tetra nuvolaglia, che a quell’ora era ancora buio pesto nonostante mancassero pochi giorni al solstizio d’estate.

Prima che si scatenasse il peggio, fosse dal cielo o tra Pescadòr e pescadorìni, ho fatto un salto in pasticceria a prendere un cappuccino di carta da fumare ai giardini pubblici e platealmente spaparanzati su una panchina contemplare la scena della partenza insieme a Pantegatta e Gatto Muccapezzato, entrambi molto attenti all’operazione, istintivamente curiosi come sono i gatti di alcune strane abitudini umane, quali usare un arto invece della lingua per pulirsi il culo. Sorvolerò su questo e altri dettagli, sulla dinamica di riempimento del SUV con attrezzature balneari fantascientifiche, sulle dimenticanze last-minute tipo valvola del gas, sulla palpabile tensione tra quattro individui di cui due sequestrati in altrettanti metri cubi, col solo conforto delle cuffiette smartphone, per i successivi 60 minuti e altri interminabili 60 di martirio al ritorno.

Sono tutte cose note o facilmente intuibili, scenette trite e ritrite in tutte le salse, ma fanno sempre ridere. Nel momento in cui, con mezz’ora di ritardo e osservati dal suo balcone anche da Dolores Bidòn (che prima o poi conosceremo meglio), il SUV ha vinto l’attrito tra asfalto e pneumatici, così che il capofamiglia potesse inserire la seconda marcia, una marcia trionfale alla conquista di Jesolo, oggi con la spiaggia tutta per loro e i profughi eritrei, ebbene in quel preciso istante si è rovesciato il diluvio su tutto il Veneto orientale dalla sorgente alla foce del Piave. La sera li ho origliati dal balcone mentre scaricavano al rientro, per captarne pessimi umore e umidità, e presentati i Pescadòr veniamo al resto del vicinato.

Dolores Bidòn (finalmente) si chiama davvero così. È un cognome non rarissimo da queste parti: esiste nel vicino pordenonese un calzaturificio Bidòn e proprio qui nel coneglianese le onoranze funebri Bidòn, solida alternativa alla bara tradizionale, delle quali è titolare Dolores, un nome perfetto per presentare le condoglianze ai clienti e infatti lei prospera in questa industria che non muore mai. Anche lei è facile da descrivere: di carattere una sorta di Bernadette Rostenkowski e fisicamente precisa identica a Morticia Addams, cinquantenne come la Pescadòr, con costei forma il team investigativo interno al condominio che, lavorando su turni in stretto coordinamento con il team esterno BBC, monitora i miei movimenti in ingresso e uscita, servendosi perfino del Gatto Muccapezzato con microcamera al collare per pedinarmi nei giardini pubblici nella speranza di cogliermi in un qualche episodio di pedofilia (meno male che il Gatto Muccapezzato è un idiota). La gente del quartiere mi sospetta di pedofilia al punto di minacciare i loro bambini di sodomizzarli se non mi stanno alla larga nei giardini, e questo succede perché, sobillata dai pettegolezzi delle cinque miserabili arpie, la gente del posto è convinta che io abbia dapprima conosciuto la matura Aurora, col pretesto di ragioni di lavoro, e poi mi sia servito di lei per introdurmi a casa sua e sedurne la figlia adolescente Alice.

Al contrario, l'autunno scorso mi ero appostato in un piccolo bar vicino al liceo artistico di Conegliano, una cittadina limitrofa, determinato al preciso scopo di cuccare una qualche studentessa appetibile alla riapertura dell'anno scolastico. In quel periodo attraversavo una fase di quasi-pedofilia, fasi che nella mia stravagante sessualità si alternano a quelle di gerontofilia, senza che mai riesca a incrociare una tipa della mia età, le mie relazioni sentimentali pertanto oscillando perennemente tra 18enni e ottuagenarie. Scrivo "quasi"-pedofilia perché mi sono sempre imposto il limite minimo della maggiore età. Sono quindi un quasi-pedofilo relativamente rispettoso e responsabile. Ben più preoccupante è che all’altro estremo in teoria non c’è limite e rischio di precipitare nel baratro della necrofilia, il che sarebbe sconveniente. Insomma, per tornare al dunque dopo la doverosa spiegazione, accadde che in un intervallo delle lezioni di mezza mattina al baretto vicino all’artistico conobbi Alice, 17 anni e cinque mesi, mooolto carina, un bijou. I lineamenti del viso scolpiti da un’espressione innocente come un pugno nello stomaco, gli occhi e le labbra sempre sorridenti, i capelli lunghi nerissimi, le tettine ben appuntite e neanche tanto piccole, un leggero vestitino a fiori che lasciava interamente scoperte gambe da pin-up, una voce musicale che avrei ascoltato per ore, un’intelligenza vivace e intuitiva al limite del telepatico, e soprattutto non troppo alta da sovrastarmi quando le contagerò la mania delle scarpe da sesso. Era al baretto per venti minuti con una collega insignificante e parlavano di cose di scuola. Dal tavolino accanto mi introdussi nella conversazione, le corruppi intellettualmente con la mia dialettica e materialmente con due lemonsoda, e già il pomeriggio del giorno seguente entravo a casa di Alice per conoscerne la mamma 45enne Aurora, una all'incirca della mia età.

Aurora Tonòn de' Granzottòn nasce Roberto Tonòn da una famiglia contadina di Santa Maria del Piave, un paio di miglia da qui. Onorati i sacrifici dei genitori studiando sodo, sviluppa con successo una carrozzeria di carri funebri e in breve accumula un capitale sufficiente per ambire alla mano di Mary Concetta de’ Granzottòn-Tetratetta, una contessa locale caduta in disgrazia e pertanto bisognosa dei schei di origine proletaria. Quando il 6 maggio 1997 Mary Concetta de’ Granzottòn-Tetratetta in Tonòn morì dando alla luce Alice in condizioni igieniche precarie, Roberto ne fu sollevato: poteva finalmente cambiare sesso come aveva sempre desiderato, ma mai osato confessare alla moglie, che non avrebbe mai più potuto saperlo. La bambina sarebbe cresciuta con una mamma senza restare orfana del papà, o viceversa, e avrebbero potuto mantenere il titolo nobiliare come contessa Aurora Tonòn de’ Granzottòn e contessina Alice Michela Nìcòle Tonòn de’ Granzottòn, nel processo di correzione dei nomi omettendo per decenza il –Tetratetta. Negli anni duemila Tonòn de’ Granzotttòn sopravvive alla crisi barcamenando la fabbrichetta, mentre continua le cure ormonali per la trasformazione ma senza tagliarsi niente, e Alice cresce felice studiando in collegio a Parigi, dove mammapapà vorrebbe aprire una filiale di rappresentanza della ditta nel prestigioso cimitero Père Lachaise, ma il tentativo fallisce causa soci truffaldini.

Alice torna in patria e con mammapapà Aurora si trasferisce giusto un anno fa in una modesta villetta a schiera qui a Bocca di Strada, poche centinaia di metri al di là dei giardini che ci separano e uniscono in un verde vortice di emozioni compulsivo-convulsive, ma non ci si dia pena a cercare di capire sempre quel che scrivo: in realtà le relazioni che si stabilirono tra me, contessa Aurora e contessina Alice furono chiare per tutti noi fin dall'inizio. Con la contessa di natura esclusivamente sessuale e professionale, occupandomi anche di collaborare alla sua azienda. E con la contessina Alice di natura squisitamente sentimentale e pressoché platonica, limitata a coccole e teneri bacicci senza linguaccia, in attesa della sua maggiore età, condizione posta da me come imprescindibile per cautelarmi da eventuali azioni ostili delle forze dell'ordine. In tal senso le imposi che per sette mesi non ci si vedesse mai insieme scambiarci effusioni in pubblico, e che non confidasse niente di noi neanche sotto tortura a nessuna delle sue nuove compagne di scuola.

Tuttavia i primi sospetti sorsero verso la fine del primo quadrimestre. L’inglese di Alice, che all’inizio dell’anno scolastico era disastroso come ogni brava francofona, era diventato come se nel frattempo avesse vissuto a Boston. Esclusa l’ipotesi che andasse e venisse da casa a scuola con un Falcon 7, il suo insegnante era puzzled da tanto misterioso miglioramento e l’adorabile furbastra gli rispondeva che era grazie alle sue lezioni e al suo metodo di insegnamento, qualunque esso fosse (qualunque esso fosse non lo diceva) e cose del genere. Con questi indecorosi slinguazzamenti all’ego del prof i suoi voti in inglese, già schizzati dal 5 all’otto, nel secondo quadrimestre sarebbero diventati 9 fisso. I suoi compagni di classe però, uno in particolare, non se l’erano bevuta. Boston eravamo io e soprattutto il televisore di casa sua, dove trascorrevo tre pomeriggi alla settimana – sei ore dalle 15 alle 21 ogni lunedì, mercoledì e venerdì – per guardare insieme tutto quel che ci riuscisse di pescare in inglese in TV, specialmente sit-com. Nonostante possa spaventare l’idea di una lezione d'inglese della durata di 6 ore non-stop, rispondo innanzitutto che sarebbe molto più spaventosa in moldavo, e in secondo luogo che questo mio metodo di imparare le lingue, piacevole e riposante per tutti, funziona al 100% quando la lezione è accompagnata in abbondanza da coccole e bacicci.

Esco di casa alle 13 per attraversare i giardini in cinque minuti e in casa Tonòn de’ Granzottòn (mi hanno dato le chiavi) preparo un buon manicaretto per Alice che rientra poco prima delle 14 e a pranzo mi racconta com’è andata a scuola, finché alle 15 comincia la divano-maratona di The Big Bang Theory, American Dad, Family Guy… l’inglese dell’antropocane Brian (nei Griffin in Italia) è di livello culturale, e per arrivare a tanto siamo partiti in ottobre con Peppa Pig, novembre SpongeBob SquarePants, dicembre les Dalton. Con l’anno nuovo siamo passati dai cartoni alle sit-com, e il secondo quadrimestre ha offerto un ciclo su alcune delle serie più brillanti: Ally McBeal, Desperate Housewives, Dexter, Monk, Sopranos, Weeds

Uno dei due grossi problemi in questa vita meravigliosa di manicaretti, coccole, bacicci e televisione di qualità è costituito dalle cinque megere che seguono le mie uscite quotidiane delle 13 (esco nella stessa direzione anche gli altri giorni, per ragioni che vedremo oltre) trigonometrandomi da diverse postazioni ma soltanto fino ai limiti dei giardini, oltre i quali io mi dileguo in un reticolo di vicoli servendomi di tutti i trucchi a disposizione per infilarmi di nascosto dalle Tonòn de’ Granzottòn, e uscirne la sera con altrettanta cautela. Non sapere dove minchia andavo con tanta regolarità le faceva impazzire, ne ero certo, e il nido di vipere avrebbe sicuramente escogitato qualcosa per indagare, ma non potevano usare neanche il Gatto Muccapezzato: avevo istruito la Pantegatta di tenerlo occupato all’ora di pranzo e per tenere occupato il bue non c’è niente di meglio che un pranzo. Ma le meschine non dovettero neanche fare lo sforzo di spremersi le zucche. Una domenica sera d’inizio primavera, tornando dalla pizzeria d’asporto imbocco il vicolo in fondo al quale, 200 metri, davanti a casa scorgo un capannello di persone, una decina, e parcheggiato un sontuoso carro funebre.

Ci vedo bene da lontano, e riconoscendole subito tutte mi viene un colpo. Sento proprio un brivido, gelarmisi il sangue, perché nonostante il cervello normale avrà ancora 300 passi di tempo per elaborare un piano di emergenza, il mio secondo cervello rettile ha intuito in un lampo che non soltanto è già successo il peggio, ma adesso arriverà il peggio del peggio. A metà strada non posso ancora udire cosa si stanno dicendo, ma sul marciapiedi tra cancello e parcheggio distinguo Aurora davanti alla Bidòn, e Alice con Imeldo Pescadòr. Lì vicino gli altri Pescadòr e il trio BBC esterno circondano la novità del vicolo, Penny. Rallento il passo e la respirazione per prendere tempo e coraggio, ma inevitabilmente dovrò arrivare lì. Porgo ad Alice la pizza.

Imeldo ad Alice – Voi due vi conoscete?

Io ad Alice – Voi due vi conoscete?

Alice a me – Siamo in classe insieme!

Io avvilito – Ma è terribile – e mi volto verso Aurora e Bidòn

Bidòn ad Aurora – Voi due vi conoscete?

Aurora a me – Voi due vi conoscete?

Io – Adesso anche voi?

Aurora a me – E perché non mi hai presentato una potenziale cliente? Non dovrebbe essere il tuo lavoro? Non è forse per  questo che ti pago?

Ecco cosa intendo per peggio del peggio. Dunque è successo che Alice e Aurora decidono di farmi una sorpresa e si presentano da me con il prototipo di un nuovo carro funebre derivato Maserati. Imeldo e Romeldo sono fuori a giocare sotto gli occhi dei genitori e il primo riconosce Alice, a mia insaputa sua compagna di classe e a insaputa di Alice che lui abitasse lì dove abito anch’io. Da parte sua l’impresaria funebre Bidòn si precipita giù dal balcone alla vista di un carro funebre Maserati in anteprima mondiale, che per lei è roba da masturbarsi in pubblico. Ciò avviene sotto gli occhi e le orecchie del trio Barbòn-Bastòn-Citròn più un centinaio di cinesi via cavo, come dire BBC World. Tutto il mio meraviglioso mondo segreto delle Tonòn de’ Granzottòn esposto alla pestilenza delle infami spettegolatrici al gran completo. Con le orecchie fumanti volto le spalle ad Aurora e chiedo alla Pescadòr di rincasare il secondogenito perché sento il bisogno di dire alla signora Barbòn cosa penso di lei:

- Signora Barbòn, …

Bau bau. Non faccio in tempo a sfoderare una sequela di vituperi che il barboncino mi si scaglia contro abbaiando come un forsennato, e in un paio di secondi gli piomba sopra da otto metri di distanza la parrucchiera Pantegatta del Salòn Pantegatta per un servizio espresso di acconciatura punk. La Barbòn strattona il guinzaglio verso di sé tirandoseli addosso entrambi e la Pantegatta le si attacca ai capelli per cambiare la permanente anche a lei. Il cagnolino seminudo (i barboncini nudi fanno veramente impressione) si divincola e strappandole il guinzaglio le fa perdere l’equilibrio. Con le unghie del felino inchiodate nel cuoio capelluto la Barbòn rotea su sé stessa come una trottola agitando le braccia a mulinello e con un involontario schiaffone sculaccia una chiappa a mio padre Ugo che si volta e risponde d’istinto con un cazzottone alla Citròn, intervenuta in soccorso della gatto-roteante Barbòn. Un quintale di Citròn viene scaraventato addosso al Pescadòr capofamiglia che cade, si rialza e chissà perché se la prende con me. Mi si avvicina con fare minaccioso ma Alice lo previene con una ginocchiata nelle palle che lo piega in due.

Imeldo – come ti osi di prendere a ginocchiate nelle palle il mio papi? – e le allunga un ceffone.

Intanto la signora Bastòn l’ha estratto da dietro e lo brandisce molto lentamente nel tentativo di colpire Penny. Ormai è una zuffa tra bande, e abbiamo la meglio: la Pantegatta potrebbe continuare a roteare la Barbòn in moto perpetuo; mio padre mena le mani a caso come un frullatore; Aurora coi tacchi a spillo sta traforando tutti quelli su cui saltella qua e là; e Penny ha riposto da dove proveniva nella signora Bastòn il suo attrezzo da passeggio. Ecco in lontananza le sirene dei caramba. Prendo per mano Alice e la trascino a nasconderci dietro le siepi, dove troviamo il Gatto Muccapezzato che si era ben guardato dall’immischiarsi solo per rovinarsi lo spettacolo, lo stronzo. Arrivano anche due ambulanze. Una riparte subito con la signora Bastòn, che dev’essere operata perché nel riporglielo Penny ha spinto troppo forte e adesso le esce dalla bocca il pomello del manico. L’altra s’è fermata a medicare sul posto la Barbòn e i meno gravi: Pescadòr capofamiglia se l’è cavata con trauma allo scroto, traforamenti plurimi e una quattro formaggi spalmata in faccia ancora calda e risultata in ustioni minori spacciabili per abbronzatura. I caramba hanno denunciato tutti per rissa, tranne la Pantegatta che ha rifiutato di dichiarare le generalità (qui ci andrebbe una virgola ma la lascio in sospeso) e intimato loro di presentarsi domattina in caserma per una chiacchieratina. Tra le mie braccia qui dietro la siepe la povera ragazza trema di spavento. La stringo forte e sospiro: per stasera è finita. Ma da domani non sarà più lo stesso. Ora le streghe sanno dove vado tutti i giorni all’una: dalle fate. Le hanno conosciute e perseguiteranno anche loro, merd! Ma questo non risulterà che il minore dei miei due problemi.

L’altro era ancor più spinoso: infatti come fa, si chiederà il lettore del Curatore di questa Guida turistica, come fa per sette mesi, 18 ore alla settimana da solo con lei, a contenersi in coccole e bacicci senza fare sesso con un’adolescente mooolto carina? È forse Costui frocio? La risposta, ahimè, è in parte sì. Come già accennato, la contessa Aurora Tonòn de’ Granzottòn aveva conservato i genitali maschili per poter continuare a trarre piacere dai soli genitali che portasse ovunque sempre con sé, ma il suo aspetto attuale si era fatto femminile ed anzi decisamente molto più femminile di tante carampane che si vedono in giro per Bocca di Strada. Parrucche biondo platino, trucco accentuato, abiti da donna manager sempre perfetti come il suo atteggiamento dirigenziale. In fabbrica le maestranze avevano saputo accettare (o in tempi di disoccupazione dovuto digerire) la progressiva femminilizzazione del paròn, lo spuntargli le tette, le minigonne sulle gambe depilate, le borsette di vernice in tinta con la Smart rosa al posto del SUV... non era stato facile per quegli operai mascolini di cultura cattolica in una industria conservatrice come quella dei carri funebri. Per fare un carro funebre (o una limousine) si prende un’automobile lunga (ma basta anche un PT Cruiser), la si sega a metà, ci si infila un segmento centrale studiato ad hoc, si salda il tutto con cura e si rende uniforme la verniciatura. La parte interna posteriore del veicolo allungato viene attrezzata per ciò a cui servirà (caricare e scaricare bare o bidòn che siano), e quella esterna decorata di crocifissi o altri simboli religiosi secondo i mercati di esportazione. Ecco, appunto, ora che il carro funebre è pronto io dovrei occuparmi di appiopparlo alle pompe funebri nei mercati esteri. Questo in breve per chiarire il mio rapporto professionale con Aurora e la sua azienda, la Tonòn de’ Granzottòn carri funebri & limousine Srl, una delle aziende più floride di Bocca di Strada.

Invece i rapporti sessuali con Aurora consistono nella battaglia di cazzi, come dice Alice per sfotterci. L’innocente minorenne non partecipa a queste nostre sessioni erotiche, però ne è a conoscenza del funzionamento. In piedi, con i polsi legati dietro la schiena, più o meno nudi o volendo anche vestiti purché coi genitali bene in evidenza, gli/le sfidanti se li strofinano provocandone le erezioni e quindi ingaggiano una sfida a mo' di scherma, con incroci anche assai duri. Vince chi resiste più a lungo, cioè perde chi dall’eccitazione eiacula per prima/o. In ognuna di tre sessioni settimanali - sei ore il martedì, giovedì e sabato -, la ricarica di sperma consente di fare tre round, così da determinare il risultato della sessione al meglio delle tre non-eiaculazioni precoci. Alice è una ragazza liberale che comprende come io abbia diritto a una normale vita sessuale fintantoché non potrò averla con lei al raggiungimento della sua maggiore età, e tuttavia mugugnava:

- Cosa succederà il 6 maggio? Che dopo avermi sverginata il mercoledì del mio compleanno, voi due ricominciate a strofinarvi i cazzi il giorno dopo? E che il giorno dopo ancora è di nuovo il mio turno di ricevere un pene reduce da una battaglia con quello di mia madre? Ma che schifo! Ma poi tu [io, ndr] alla tua età pensi seriamente di riuscire a reggere 18 rapporti sessuali alla settimana? Di cui la metà con me che in palestra faccio karate, altro che scherma! Ci rimarrai secco, io vedova e lei bi-vedova, prima al mondo sia di un uomo che di una donna. Hai già scelto il tuo carro funebre nella vasta gamma della Tonòn de’ Granzottòn carri funebri & limousine Srl ? - concludeva sarcastica.

Era più di un mugugno, e giustificato. Nell’ebbrezza per avere trovato amore e sesso in due femmine speciali avevo trascurato questo aspetto fondamentale, rimandando il problema all'epilogo ineludibile: entro il 6 maggio avrei dovuto scegliere una delle due.